Cento anni fa un signore grassoccio ed antipatico, mal considerato anche dai suoi stessi parenti, veniva ammazzato da un ragazzotto esagitato in un piccolo centro dei Balcani, mezzo slavo e mezzo turchesco.
Una microstoria, potrebbe sembrare, solo che la vittima portava il peso di una lunga serie di nomi, cognomi e titoli ed era l'erede presuntivo al trono di una delle più antiche case regnanti europee.
Tempo un mese, e dopo di lui cominciarono a morire come mosche parecchi milioni di persone, dalla Prussia Orientale alle Fiandre, dal Carso alla Mesopotamia (sì, allora si chiamava ancora così).
Insomma, una conferma postuma dei versi di Shakespeare:
When beggars die, there are no comets seen;
The heavens themselves blaze forth the death of princes.
Siccome nella storia nulla è predeterminato (e qui ci sta bene un altro po' di versi del Giulio Cesare:
Men at some time are masters of their fates:
The fault, dear Brutus, is not in our stars,
But in ourselves,that we are underlings.) forse non l'omicidio si poteva evitare, ma la successiva tragedia sì: ci serva da lezione.
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