domenica 30 dicembre 2012

La Costituzione, questa sconosciuta

Allora, ieri Alessandro Gilioli, che non ha certamente bisogno della mia pubblicità, ha pubblicato un'intervista con Gino Strada più o meno a sostegno della nuova lista elettorale di Antonio Ingroia.
L'intervista è ovviamente interessante, anche se il dottor Strada non ha detto, in fondo, niente di particolare, ma ha scatenato un discreto subbuglio; sì, perché ad un certo punto si impara che l'intervistato non vota da trent'anni ed una commentatrice ha stigmatizzato, forse in termini un po' forti, questo disinteresse nell'esercizio del "diritto di voto".

Non l'avesse mai fatto: lo sappiamo tutti che, per il suo meritorio impegno internazionale, Gino Strada è un po' il santo laico della sinistra italiana e siederà, ci auguriamo il più tardi possibile, alla destra di Enrico Berlinguer facendo spostare Sandro Pertini alla sinistra dell'indimenticato segretario del Bottegone.
Aggiungiamo che questa commentatrice pubblica un blog un po' particolare (non cliccate sul link se siete minorenni o particolarmente pudichi, vi prego, non voglio litigare qui), e potete immaginare la discussione che ne è venuta fuori.
Quindi mi sembra il caso di parlare non di Emergency, ma della questione dell'astensionismo, sulla quale si è fatta grande confusione nei commenti, con disinvolte accuse reciproche di analfabetismo giuridico.
Qui c'è l'articolo 48 della Costituzione, necessario punto di partenza della discussione: il voto è un "dovere civico", la questione è capire cosa significa quest'espressione, anche perché la stessa Costituzione, in altri punti, parla di diritti (artt. 17, 18, 19 e 21, per esempio).
Troppi anni fa ho preso trenta e lode in Diritto Pubblico Generale e trenta in Diritto Costituzionale, studiando sul testo di Costantino Mortati, che la Costituzione la ha materialmente scritta, e ricordo che questa formula veniva spiegata come risultato di un compromesso, tra chi voleva che il voto fosse obbligatorio e chi lo voleva come semplice diritto.
Non a caso, fino a venti anni fa, era addirittura in vigore una norma che imponeva di iscrivere la menzione "Non ha votato" nei certificati di buona condotta (art. 115, DPR 361/1957).
Ci sarebbe poi un altro aspetto, più morale che giuridico. Il dottor Strada si è laureato in  medicina tanti ma tanti anni fa, quando l'università costava davvero pochissimo (come dovrebbe sempre costituzionalmente essere, tanto per restare in tema) ed era finanziata dalla fiscalità generale, insomma dalle tasse di tutti i cittadini onesti: a questi cittadini onesti ed ai loro eredi è quindi debitore, Gino Strada, della laurea e della sua straordinaria attività successiva; vi sembra eccessivo chiedere, in cambio, un po' di senso civico?
Ce ne è abbastanza, credo, per invitare il dottor Strada ad incomodarsi, almeno la prossima volta, e a presentarsi al seggio, che ne dite?

1 commento:

  1. Al di là del testo letterale della Costituzione personalmente sono assolutamente contrario al principio secondo il quale l'esercizio del voto venga qualificato come obbligo o semplice dovere civico. Esso potrebbe contrastare la libertà di coscienza di sparute minoranze. Poniamo che io fossi una sorta di "aristocratico" nel senso etimologico del termine e fossi favorevole alla facoltà di voto solo per i cittadini che abbiano superato un esame di "Educazione Costituzionale". Avrei tutto il diritto in un sistema a suffragio universale incondizionato a ed esercitare obiezione di coscienza e non recarmi nemmeno alle urne prendendo una posizione sostanzialmente " antisistema ". Insomma se non voto non mi conto. E' una posizione sostanzialmente neutra. La questione del "dovere civico" mi sembra un pippotto paternalistico ed io rifuggo sempre e comunque di fronte ad uno Stato "educatore"e moralista.
    Ciao Mario!

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