mercoledì 11 giugno 2014

Consultata la Consulta

In Italia è una causa pilota.
Un uomo sposato ha cambiato sesso e lo Stato pretende di annullare il suo matrimonio. Lei ha vinto in primo grado, ha perso in Appello e la Cassazione ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale, la questione è stata discussa in questi giorni; a suo tempo ho intervistato la protagonista della vicenda, ripubblico l'intervista che torna di attualità.


Con Alessandra Bernaroli, bancaria, segretaria sindacale e sposata - così ancora si considera lei - con una donna prima del cambiamento di genere, quando era ancora Alessandro, abbiamo conversato per un'ora. Al di là della gradevole parlata della pianura a sud del Po, è stata una chiacchierata simpatica, franca e molto istruttiva.
Insomma, la signora Bernaroli, a' sensi della legge 164/1982, completa le procedure per il cambio di sesso, ma c'è un problema: è sposata con una donna, ed il Comune va in crisi; vanno in crisi,



assieme al Comune, anche le strutture della politica locale, a Bologna, ed anche il sindacato. Secondo me, dice Alessandra, è perché oramai in questa Italia delle corporazioni ci sono rapporti ed equilibri di potere talmente consolidati che hanno tutti paura di spostare qualcosa, anche quando sarebbe giusto farlo.
"Tutte le istituzioni interessate, con mio sconcerto, non mi hanno dato appoggio, ed alcuni mi hanno addirittura fatto capire di lasciar perdere perché si faceva troppo rumore".
Alessandra mi dice, tra l'altro, che in Emilia-Romagna, per avviare il percorso di transizione per un cambio di sesso non si va alla ASL, ma presso un'associazione, tra l'altro molto politicizzata, che ha una convenzione con la Regione per gestire il consultorio: non si capisce la ragione per cui alle persone transessuali della Regione non venga concessa la dignità di accedere direttamente alle strutture ospedaliere necessarie, al pari degli altri cittadini.
"Quando ho iniziato l'iter burocratico per il cambiamento dei documenti", dice ancora, "mi è sembrato, e si era nel 2009, di essere la prima persona transessuale mai vista: nessuno sapeva come era possibile effettuare i cambi anagrafici in comune, alla motorizzazione, nelle scuole e nell'università". Tra l'altro ha sottolineato che, benché la legge 164 garantisca la privacy e quindi, in teoria, la cancellazione di tutti i riferimenti alla identità precedente il cambio di sesso, attualmente questo non è vero, in quanto dopo aver fatto le variazioni permangono negli archivi i collegamenti storici alla precedente identità, e "per questo ho presentato anche un esposto all'Autorità Garante della Privacy. Ho visto che nemmeno la presenza di leggi ti consente di superare gli stereotipi, come nel caso del mio matrimonio, dove la legge c'è, ovvero il combinato disposto della l. 164/19882 e della legge sul divorzio, ma pare non si voglia applicarla. Insomma, vedevo che era un atto di violenza burocratica nei miei confronti."
Poi però la sua battaglia, anche per restare sposata con sua moglie, è diventata pubblica. Una battaglia, dice, per la propria dignità ma anche per i diritti di tutti: "Ovviamente", dice, "c'è una spinta maggiore se i diritti negati ti toccano in prima persona: quando ti toccano sul vivo ti rendi veramente conto di cosa significa. Si dice che da soli si può fare poco, ma in realtà mi sono accorta che si può ancora cominciare a fare breccia in un muro di quotidianità consolidata alzato anche da quelli che dovrebbero tutelare i diritti".
La Corte d'Appello di Bologna, che ha sancito la nullità del matrimonio attesa la identità di sesso dei coniugi, mentre a voler essere precisi sarebbe solo identità di genere, non ha, in buona sostanza, e secondo Alessandra, dato alcuna risposta a tutti i questi posti dalla sua difesa. "Ho trovato l'appoggio della RETE LENFORD, Avvocatura per i Diritti LGBT (dal nome di un attivista per l'uguaglianza dei diritti ucciso per le proprie idee) che ha predisposto anche il ricorso per Cassazione che depositeremo a metà settembre. Ci auguriamo che l'udienza venga fissata con una certa tempestività per avere una risposta concreta in materia e, se necessario, e nonostante i costi che diventano sempre maggiori, in caso di una pronuncia a noi avversa potremo poi rivolgerci alla Giustizia europea".
In tutto questo, ci viene da chiedere come reagisce la moglie alle prese con una sovraesposizione mediatica sia pure indiretta.
"Mia moglie ha visto improvvisamente che l'uomo che amava è diventato una donna; però il matrimonio è soprattutto vivere insieme ed affrontare insieme i cambiamenti: chi si sposa a venti anni, quando arriva a ottanta di cambiamenti ne ha visti tanti. Qui certo il cambiamento è stato forte, e mia moglie si è dimostrata una persona altrettanto forte ed innamorata, essendo ancora innamorata della essenza della persona che io ero e sono. Sì, lei ha sentito la pressione sociale, anche se posso assicurare che non ci sono stati atteggiamenti discriminatori, ma ha tenuto duro".
La pressione sociale vale in realtà per tutti quelli che, per qualche ragione, entrano in contatto con chi cambia sesso.
"Una mia amica mi ha addirittura rimossa dagli amici di Facebook, aveva paura che vedendomi tra le sue amicizie si potesse pensare che anche lei fosse una trans; è anche per cose del genere che io capisco benissimo le persone transessuali che tentano di vivere come invisibili, perché ti viene sempre da chiederti come sei vista dagli altri. Purtroppo c'è questa stratificazione di pregiudizi, in Italia, anche perché dopo la legge del 1982 non si è più fatto niente a livello istituzionale".
Se il ricorso per Cassazione dovesse andare male, ci sarebbe comunque la possibilità di sposarsi all'estero, in Olanda, in Norvegia, a New York ed in Spagna ("ma lì chiedono tre mesi di residenza, e diventa più complicato", precisa Alessandra), ma si tratta di un ripiego, perché un matrimonio del genere in Italia ad oggi non viene riconosciuto: "sarebbe, insomma, solo un gesto politico, ed io non lo farei mai".
Se tutte le strade giurisdizionali dovessero fallire, rimarrebbe ancora una possibilità, che Alessandra è intenzionata a sfruttare: l'Unione Europea si fonda sui tre pilastri che sono cittadinanza europea, libertà di circolazione e mutuo riconoscimento. In Italia, invece, due cittadini spagnoli nella mia situazione non vedono riconosciuti i loro diritti. Insomma, sembra proprio che abbiamo fatto l'Europa delle merci e delle tasse, non quella dei diritti.
"C'è una normativa europea che consente il diritto di asilo intracomunitario in caso di discriminazione quando non ci sono più strumenti per tutelare i propri diritti nel proprio Paese: esaurita la via giurisdizionale, potrò fare una richiesta di asilo, e questo avrà una valenza politica molto forte. Io sto facendo questa battaglia anche perché mi sono resa conto che i diritti civili sono un patrimonio di tutti: adesso è diventato palese che è controproducente legarli alla politica, perché c'è il rischio che diventino bandiera di una parte politica sola, mentre dovrebbero essere pre-politici, nel senso che devono far parte della base del contratto sociale. Bisogna capire che i diritti civili non hanno a che fare con la contrattazione politica e con la regola della maggioranza".
E la nostra conversazione si conclude come è cominciata: "Ma io sto combattendo per la difesa della mia dignità e della dignità di tutti, perché la dignità della persona deve assolutamente essere rispettata".


Originariamente pubblicato nel blog collettivo Le Stanze di Eva il 26/8/2011

Nessun commento:

Posta un commento

Non prendetevela, ma i commenti sono moderati: così sono sicuro di leggerli tutti