lunedì 1 aprile 2013

Economia, questa sconosciuta

Non ho la minima idea di come andrà a finire, ma prevedo molto male: alle prossime elezioni i due populismi contrapposti faranno il pieno, dopo aver stritolato in questo ridicolo mese di marzo la persona normale che aveva quasi vinto le elezioni, e non saprei quale dei due mali sia il peggiore.
Una cosa è certa: in un caso e nell'altro, i giorni dell'Italia nell'euro sono contati.
E non è una bella notizia: per prima cosa, la riconversione in lire, al mitico cambio di 1.936,27, potrebbe essere una buona occasione per una bella tosatura in stile Amato
(1992, ricordate? Imposta straordinaria del sei per mille sui depositi, stavolta sarà certamente più alta), e poi, appena riavute le lire, ce le troveremo immediatamente svalutate; non per cattiveria, per carità, semplicemente perché, in assenza di investimenti e riconversioni produttive, che i nostri illuminati imprenditori si sono ben guardati dal fare, è l'unico modo per recuperare più di dieci anni di perdita di produttività nei confronti dei nostri competitori europei: io azzarderei un calo secco, dall'oggi al domani, del 20 per cento sull'euro (se esisterà ancora, ma a quel punto probabilmente la moneta unica morirebbe, e allora sul marco la svalutazione sarebbe ancora più alta, almeno il trenta). Piccola annotazione sulla produttività: non è che siamo lavativi, il punto è che a Pomigliano si fanno le Panda che si vendono a 9-10.000 euro mentre a Wolfsburg le Golf, che vanno via al doppio, per dire.
E non rispondetemi che non dovete andare a passare il fine settimana a Berlino: con le lirette svalutate dovremo pagare le importazioni e magari anche il debito pubblico nelle mani degli investitori internazionali, non vi pare? Quindi più tasse e prezzi più alti: e come lo recuperate il potere d'acquisto, se il lavoro non c'è  e quello che c'è è precario e pagato sempre meno?
Non a caso i due futuri vincitori hanno soldi, e tanti, al sicuro, fuori dai confini.

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